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venerdì 29 agosto 2014

Le ragazze fittizie più realistiche al mondo...


La storia di Pigmalione, in “Le Metamorfosi” di Ovidio, raccontava di uno scultore che aveva modellato una statua femminile della quale si era innamorato e che venne animata dalla dea Afrodite. I due si sposarono ed ebbero un figlio. Il moderno Pigmalione si chiama 
Davecat, un uomo del Michigan che vive con tre esclusive bambole gonfiabili.
 La prima è Sidore Kuroneko, e la considera sua moglie. Le altre due, Elena e Muriel, sono solo due amiche intime. Sebbene non le abbia scolpite, sono una sua invenzione. Ha disegnato i loro corpi prima che venissero realizzati ma ci tiene a sottolineare: «Nessuna bambola è un oggetto per me».
Davecat fa parte di una comunità chiamata “iDollators”, costituita da proprietari di bambole gonfiabili di lusso, usate per scopare, fare l’amore, e come compagnia. In fondo è un ruolo sempre esistito, anche oltre la mitologia. Spesso i marinai riproducevano queste donne usando i vestiti e le chiamavano “dame de voyage”.
 In Giappone le chiamavano (e le chiamano tuttora) “Dutch wives”, le mogli olandesi, in riferimento alle pupazze, cucite a mano e usate per masturbarsi, che i marinai olandesi vendevano ai giapponesi nel diciassettesimo secolo. Nel 1877 un giardiniere fu trovato a fare sesso con una replica della Venere di Milo.
Erano generiche sostitute di donna, ma in alcuni casi prendevano la forma di una donna specifica. Nel 1916 l’artista Oskar Kokoschka fu lasciato dalla sua amata pianista Alma Mahler e ordinò una replica a sua immagine e somiglianza. Il preludio alle moderne “sex doll” furono i manichini dei surrealisti Man Ray e Salvador Dalí. Manichini infusi di erotismo e, a dire di Ray, “personalmente violate” dagli artisti.
 Ci sono voci riguardo a Adolf Hitler che incaricò un ufficiale delle SS di disegnare bambole gonfiabili per i soldati tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, per evitare che si mischiassero con donne non ariane. Vero o no, le prime bambole gonfiabili, così come le conosciamo, hanno avuto origine proprio in Germania.
“The Bild Lilli doll” fu inventata nel 1950 e modellata sulla sexy “Lilli”, un personaggio dei fumetti. Non era penetrabile ma pare che a lei si siano ispirati in seguito per creare la “Barbie”.
 In America le “sex dolls” furono pubblicizzate sulle riviste porno nel 1968, quando divenne legale comprare oggetti sessuali via posta. Negli anni Ottanta si trovavano praticamente in ogni sexy shop, ma le dovevi gonfiare davvero e si compravano più che altro per gioco, come regalo agli amici. Non erano assolutamente vicine alla realtà e coloro che le fabbricavano si concentravano solo sulle aree di penetrazione: bocca, vagina e ano.
Il grande passo verso la verosimiglianza avvenne negli anni Novanta, quando l’artista
Matt McCullen cominciò a lavorare a una donna in silicone, documentando i progressi del progetto sul sito e ricevendo mail in cui si chiedeva se la creazione avesse tutte le cose al posto giusto, anatomicamente parlando. Così gli venne l’idea e nacque la prima “RealDoll”. La sua azienda ora ne vende trecento l’anno.
La maggior parte delle sue bambole sono femmine, il 10% è maschio. L’artista non crede assolutamente che le bambole possano sostituire le donne vere, anzi ritiene che “l’imitazione sia la più sincera forma di adulazione”.
 La domanda che sorge spontanea è: perché, nella storia e nella realtà, sono sempre gli uomini a volere una bambola gonfiabile e mai le donne?
Alcune risposte sono pratiche. Solo il 25% delle donne può raggiungere l’orgasmo vaginale. Altri “sex toys” sono più efficaci. E poi una “real doll” pesa quasi quanto una persona, è difficile da muovere e da spostare (oltre che da nascondere).
C’è poi la convinzione che uomini e donne abbiano stili diversi di masturbazione, essendo i primi più “visuali”, le seconde più “immaginative”. Alcune donne comprano bambole femminili, in genere per condividerle con il proprio partner, in una cosa a tre che non desti troppa gelosia.
 Le bambole servono per lo più alla masturbazione eppure sono meno mainstream dei vibratori. Chi le usa, viene considerato quasi un pervertito. In genere è considerato un pervertito chiunque abbia un comportamento sessuale non riproduttivo. Oggi la situazione è migliorata ed è accettato l’uso dei vibratori, ma non è ben visto l’ attaccamento emotivo a una bambola. Ci aspettiamo che in una relazione ci sia mutuo consenso, una reciprocità impossibile da ottenere con un oggetto. Ma le “real dolls” sono così realistiche che ispirano davvero affetto e devozione. Gli uomini assegnano loro personalità e preferenze, infatti, ad esempio le tre bambole di Davecat, hanno l’account su “Twitter”.
In quest’era tecnologica le intime relazioni con gli oggetti sono comuni. Basti pensare al bisogno di contatto fisico con l’”iPhone”, che è diventato un’estensione di noi.
La questione può trasformarsi in patologica e portare all’isolamento dal mondo, ma non necessariamente all’infelicità. Secondo alcune ricerche chi possiede una bambola sessuale può essere soddisfatto e non sentire il bisogno di altro. E’ un comportamento sessuale deviato, certamente, ma non può essere definito un disordine.
 A volte si tratta di una necessità (nel caso di disabili, ad esempio), altre volte le bambole vengono comprate per divertimento, per compagnia, come oggetti d’arte. Insomma, qualsiasi cosa i loro padroni vogliono che siano, esse rappresentano l’ampio spettro dei comportamenti sociali. Molti uomini trattano le donne vere come fossero bambole. 
Molti degli “iDollators” sono tecnosessuali e non amano lo spiacevole aspetto “organico” di un corpo femminile vero: carne, sangue, liquidi vari. Peraltro, una bambola non ti tradisce, non ti critica, non ti abbandona, non ti umilia, non ti ridicolizza. Più le donne vere acquistano potere e consapevolezza di sé, più alcuni uomini scelgono relazioni al silicone per continuare ad esercitare un qualche tipo di controllo.
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 Fonte: www.dagospia.com

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